PER APPROFONDIRE: TUTTI DICONO «I LOVE YOU», MA «TI VOGLIO BENE» CHE FINE HA FATTO?

Tre parole semplici. Una fase esplorativa nell’attesa della sua più nobile espressione (il punto di vista di Barbara Stefanelli, su Style Magazine 1-2/23 e in fondo a questa pagina)

Di Enrico Rossi 10 gennaio 2023

Per approfondire: Tutti dicono «I love you», ma «ti voglio bene» che fine ha fatto?- immagine 2

Leonardo DiCaprio e Kate Winslet in Titanic (1997). Foto Getty

Ti amo vs I love you pare già una sorta di sfida tra due culture differenti, non solo nel modo di esprimersi, ma che vivono proprio di sfumature nell’interpretazione di un sentimento che necessita di una qualsivoglia specie di decodificazione tra cuore e cervello per essere tangibile.

Se cercassimo di capirne di più con l’aiuto della tecnologia, interrogando Google, potremmo restare sorpresi sul primo risultato che si otterrebbe. Dopo aver inserito nella barra di ricerca  “ti amo”, cosa ne uscirebbe fuori? L’omonima canzone di Umberto Tozzi, uno di quelli che non ha certo paura a dirlo visto che nel brano lo ripete per ben 53 volte. Le sue parole sono state ascoltate da almeno 13 milioni di persone a detta di YouTube. Che ci sia una qualche rivelazione in quel testo pubblicato nel 1977? Stesso procedimento con “I love you” ed è sempre la musica il primo riscontro a cui ci troviamo davanti: questa volta si tratta della cantante americana Billie Eilish, sarà un caso?

LA CHIMICA DELL’AMORE: ESISTE IL COLPO DI FULMINE?

Cosa succede nel cervello umano quando viene pronunciata la parola “amore”? Si libera la dopamina, un neurotrasmettitore, rilasciata dall’ipotalamo. Ma dove si trovano esattamente le zona che interessano questo sentimento a tratti ineluttabile?

Quello che viene definito “cervello emotivo” comprende l’ipotalamo (che rilascia la dopamina) e che si attiva sia con i sentimenti d’affetto sia con l’eccitazione sessuale, ma non con quella sfera di sentimenti che riguardano ad esempio l’amore materno. Il motivo di quest’ultima assenza? Non è una certezza assoluta, ma la risposta potrebbe dipendere dal fattore sessuale mancante.

Tra le parti del cervello interessate e che si occupano di quel “passaggio” dai sentimenti al desiderio sessuale, c’è l’insula (regola l’emotività) e il corpo striato. In tutto questo non scordiamoci l’ossitocina che si libera istantaneamente con gli abbracci e che in una prima fase dell’innamoramento dà il via a quello che verrà in seguito.

TI AMO: OLTRE LE PAROLE, QUANDO PARLA IL CORPO

Oltre al linguaggio verbale c’è un’intera e spesso non facile interpretazione dei messaggi lanciati dal corpo, una gestualità che “parla” involontariamente e dice molto. Gli sguardi sono complici insieme al sorriso di un’apertura e un interesse verso l’altra persona, ma fondamentale risulta essere la postura di gambe e braccia durante un incontro: l’auto sfregamento della mani sulle gambe può anche indicare una chiusura rispetto alla conversazione, ma non completamente, cosa che invece si verifica quando le braccia sono incrociate.

La parte più complicata in questa lettura non verbale riguarda l’aumento del battito cardiaco, un altro indicatore che sommato all’apertura delle pupille e altre espressioni facciali sono segnale di un possibile sentimento.

IL PUNTO DI VISTA

di Barbara Stefanelli *

Tre parole semplici. Una fase esplorativa nell’attesa della sua più nobile espressione

Ogni mattina – finché mia figlia usciva per andare a scuola, prima le medie, poi il liceo – si ripeteva questa scena sulla soglia. Che nel nostro caso, abitando al piano terra, dà sul cortile di una casa di ringhiera. «Ciao mamma, ti amo». Salutava e, impercettibilmente ma tutti i giorni, rallentava il passo verso il portone per sentire se ce l’avrei fatta. A risponderle: «Ti amo anch’io».

Qui non si discute, naturalmente, del mio amore per lei, creatura di cui mi stupisco e rallegro da quando è venuta al mondo. Bensì dell’uso in scioltezza del «ti amo». Sono certa di non averlo mai detto a mia madre, neppure una volta. Si sapeva, non si esprimeva. Non lo avevano insegnato a lei, i suoi genitori severi e sobri (poi nonni affettuosissimi), e di conseguenza lei non a me. E poi, chissà, avremmo rischiato di «umanizzare» la sacralità del vincolo madre-figlia…

A ripensarci, anche nelle relazioni sentimentali extra moenia, quante volte noi non-giovanissimi ci siamo lanciati in una dichiarazione così definitiva? «Io ti amo». Come cantava Francesco Guccini, che però si riferiva al sesso, prima di varcare quella frontiera abbiamo navigato moltissimo al largo «filosofando pure sui perché». Quasi sempre, poi, desistendo. Ci fermavamo volentieri sul pianerottolo del piano sotto: «Ti voglio bene».

Sempre tre parole, più semplici. Buone per esplorare, chiarirsi le idee, schiudendo la porta al livello supremo. Quello che può portare all’immortalità del «se tu salti, io salto» dalla prua del Titanic. Tra l’altro bellissima la versione italiana, desiderante, meglio di quella tedesca – «Ich hab’ dich lieb» – con uso del verbo avere, già possessivo. In inglese tutto questo sfumare e ragionare va giù nell’imbuto: tutti dicono «I love you». E così i ragazzi e le ragazze hanno finito per amarsi subito. Di più? Forse perché impazienti, affamati di assoluto, di colori incandescenti? Rieducati da sé stessi alla brevità di frasi e percorsi? Dei sentimenti stessi? Ora che lei, l’ex bambina dei «ti amo», è andata per la sua strada, io sono qui sulla soglia. Che il cortile stia a sentire.

*Vice direttrice vicario del Corriere della Sera

by: https://style.corriere.it/attualita/i-love-you/

Dal corriere.it

«Ieri l’amore, oggi Van Gogh»
di Stefano Landi

Correva l’anno 1977 e chiunque in Italia cantava «Ti amo» di Umberto Tozzi. Era un inno del cuore nazionale. Ora che sono passati 40 anni tondi, il cantante, che domani sarà ospite de «Il Bello dell’Italia» nella sua Torino, non ha smesso di canticchiarla mentre ne ricorda la storia. Tozzi è a Montecarlo, dove vive da 20 anni. È in una pausa del nuovo tour per i teatri con cui celebra l’anniversario del suo «lentone» più universale.

Partiamo dalla fine. Che emozioni le stanno dando i nuovi concerti nei teatri?
«Vivo una riscoperta che mi rende felice. A questi spettacoli ricevo un’accoglienza quasi inaspettata. E riscattato qualcosa. Non ho mai smesso di esibirmi dal vivo in questi anni, ma vedo un pubblico nuovo. Quasi tre generazioni: le prime due mi hanno conosciuto davvero, la terza, quella dei figli, viene quasi trascinata di forza».
Anche i bambini intonano «Ti amo»?
«Sere fa, in un ristorante una bambina di 4 anni è venuta a cantarmi la canzone».
Nel remake appena uscito duetta con Anastacia…
«Mio figlio Gianluca che lavora per me da tempo voleva festeggiassi i 40 anni del brano, magari con tour. Mi sembrava un’idea forzata. Poi una sera a cena a casa mentre facevamo una sorta di casting mentale è venuta l’idea di coinvolgere Anastacia. La sua voce ha aggiunto molto al sentimento della canzone. Mi mette la pelle d’oca ogni volta che sento la versione con lei».
Ha mai pensato che significati avrebbe potuto avere «Ti amo» se l’avesse scritta oggi?
«Le canzoni forti superano le stagioni. Me ne sono reso conto oggi ascoltando alla radio Mare mare di Carboni. Ti amo resta la mia canzone più originale: oggi potrebbe stare tranquillamente in classifica tra i Coldplay e i Maroon 5».
Invidia qualcosa ai giovani cantautori di oggi?
«Niente, perché non mi emozionano. Parlo da musicista e non da pubblico: vedo poca personalità».
«Ti amo» contro «Gloria». In cosa una delle due canzoni supera l’altra?
«Gloria ha avuto la fortuna di attraversare l’oceano: la sua forza era quel riff alla Satisfaction dei Rolling Stones».
Come è cambiato da cantautore?
«Cerco sempre di risultare originale a me stesso, di differenziare l’approccio ai brani. Questo almeno è il tentativo, ci provo».
Qual è la cosa che ha fatto nella sua carriera che la rende più orgoglioso?
«Aver viaggiato tanto, essere arrivato praticamente ovunque. Ho suonato in teatri magici dove i camerini hanno un profumo. Il momento più intimo era il sound-check, l’ultima prova prima di salire sul palco. Il momento in cui vedi il prima e ti immagini il dopo».
E c’è invece una cosa che le manca e che ha tenuto nascosta in fondo al suo cassetto per i prossimi anni?
«Progetti musicali ormai ho smesso di farne: lascio che le cose accadono e seguo gli stimoli che mi dà mio figlio. Mi piacerebbe fare qualcosa di diverso: vorrei fare una mostra prima o poi. Da quattro anni dipingo. Non sono Van Gogh ma i miei quadri a mia moglie piacciono, dice che ho la mano. E questo per ora mi basta».
Dipinge spesso?
«Non tanto, solo quando ne ho voglia. Perché per me è come quando mi siedo al pianoforte o prendo in mano la chitarra: posso esprimere qualcosa a colori».
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dal Corriere.it: Tozzi, suo cd piu’ scaricato da iTunes

20 Maggio 2012 15:15 CULTURA E SPETTACOLO

(ANSA) – ROMA – Dopo sette anni dall’ultimo album di inediti Umberto Tozzi e’ tornato con ‘Yesterday Today’ che e’ stato l’album piu’ scaricato questa settimana su iTunes. Il doppio disco uscito il 15 maggio comprende 10 inediti e 17 singoli che hanno fatto la storia della carriera di Tozzi e della musica italiana. Sul versante della musica suonata dal vivo, il cantautore partira’ in tour il 22 maggio con una serie di date all’estero.

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(ANSA)

Albano, no festival e pace con Romina
13 Ottobre 2011 16:08 CULTURA E SPETTACOLO

(ANSA) – ROMA – ”A Sanremo vado un anno si’ e due no, quest’anno e’ l’anno no”. Durante il programma di Radio 1 ‘Attenti a Pupo’ il cantante, che ha da poco firmato un accordo con Umberto Tozzi e Toto Cutugno per una tournee’ in Germania, Austria e Svizzera, ha anche parlato delle voci di un riavvicinamento con l’ex moglie Romina Power. ”Sono un uomo di pace, non capivo questa guerra che non avevo aperto io, le cose poi nella vita, grazie a Dio, cambiano, ed e’ cambiata anche questa”

da: corriere.it

Quando l’estate era un disco. Ora la vacanza è una playlist.

Andrea Laffranchi
29 giugno 2011

HIT PARADE DAL JUKEBOX AI LETTORI MP3: LIBERI DI SCEGLIERE IL PROPRIO TORMENTONE
Chic, festaiole o da ballare: guida alle canzoni più gettonate

MILANO
– Premessa: il tormentone estivo non esiste più. Inutile cercare la canzone che domina la bella stagione e si appiccica alle orecchie come la sabbia alla crema solare. Sforzo vano. Sono cambiati la società e il modo di consumare la musica.
Negli Anni 60 c’era il jukebox e i dominatori erano Edoardo Vianello e Bobby Solo. Con l’arrivo delle radio e delle tv il panorama è cambiato, ma i media da conquistare erano ancora pochi. E così abbiamo avuto la «maglietta fina» di Baglioni, il «Ti amo» di Tozzi e la «playa» dei Righeira. I videoclip e le tv musicali ci hanno consegnati mani e piedi alla dittatura latina di fine millennio a colpi di lambada e Ricky Martin.

L’ultimo è stato il «popopo» di «Seven Nation Army» dei White Stripes: eravamo in piena era post-tormentone, era il 2006, ma la vittoria della Nazionale ai Mondiali di calcio ha rotto le regole.
Oggi il panorama è cambiato. Ognuno di noi si sceglie la propria playlist, carica le canzoni preferite sul lettore mp3 o sullo smartphone, clicca su YouTube l’artista del momento. E il tormentone si personalizza. Io ho il mio, tu il tuo. Il Festivalbar, simbolo dell’estate musicale, è morto un po’ per quello un po’ per scelte imprenditoriali suicide. Ecco quindi una mappa della musica dell’estate. E che ognuno si scelga la propria canzone(:::)

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