NON SEMPRE LE CANZONI TRIONFATRICI AL FESTIVAL DI SANREMO SONO POI RIMASTE NEI RICORDI DELLA GENTE, MA CE NE SONO DIVERSE ENTRATE A FAR PARTE DELLA CULTURA ITALIANA DEL NOSTRO TEMPO.
di Pasquale Di Matteo
Quella del Festival di Sanremo è da sempre considerata una gara anomala; da chi sostiene che non si possa giudicare l’arte, a chi ogni anno grida a qualche broglio, la lista è lunga.
Ed è pur vero che molte canzoni trionfatrici sono scomparse dai ricordi, tuttavia, vi sono dei brani entrati a far parte della nostra cultura o che hanno colpito ed emozionato, il più delle volte senza nemmeno riuscire a vincere.
Partendo dall’era moderna, dagli anni ottanta, non si può non cominciare con L’ITALIANO, di Toto Cutugno, brano che visse lo scandalo di un secondo posto giudicato dai più impossibile, in un conteggio delle schede Totip tutt’altro che limpido, che vide l’affermazione della meteora Tiziana Rivale, che vinse con SARÀ QUEL CHE SARÀ, canzone d’amore orecchiabile ed eseguita dalla bella voce di una cantante che avrebbe anche meritato maggior fortuna, al di là di quel festival scandaloso.
Il pezzo di Cutugno, d’altronde, era di ben altra fattura, con un giro armonico orecchiabile quanto basta per diventare un tormentone e dal testo che raccontava degli Italiani di allora, dei loro sogni, degli stereotipi che si portavano appesi al collo nel resto del mondo e sul loro modo di vivere.
Un brano che ancora oggi ti trascina e ti costringe a cantarne almeno il ritornello.
E il decennio che va dal 1980 al 1990 vanta altri brani che sono rimasti nella storia, sui quali svettano senza dubbio il capolavoro di Bruno Lauzi, ALMENO TU NELL’UNIVERSO, portato a Sanremo da Mia Martini, e quello di Enrico Ruggeri, QUELLO CHE LE DONNE NON DICONO, interpretato da Fiorella Mannoia.
L’Italiano, Quello che le Donne non Dicono e Almeno Tu nell’Universo, sono brani che hanno caratterizzato un decennio in cui decelerava il boom economico, si cominciava a parlare, finalmente, di emancipazione femminile e anche i testi d’amore assumevano toni più maturi, discostandosi dalla banalità delle canzonette degli anni precedenti.
Ne è senza dubbio un esempio SI PUÒ DARE DI PIÙ, portata al trionfo del Festival del 1987 dal trio Morandi, Tozzi e Ruggeri.
Impossibile non menzionare anche VITA SPERICOLATA, un pezzo che prendeva a calci gli stereotipi della canzone e soprattutto dell’artista italiano dell’epoca, ma che accendeva i riflettori su uno dei più grandi della nostra musica di sempre, Vasco Rossi.
In verità, gli anni ottanta saranno anche ricordati per l’avvento di Eros Ramazzotti e del suo cantautorato particolare, più amato all’estero che in Italia.
Nel 1990, vincono i Pooh, con un brano tra i più belli e intensi di sempre, UOMINI SOLI, ma è l’edizione che verrà ricordata soprattutto per altri due brani: il trottolino amoroso e du, du, da, da, da, in VATTENE AMORE, di Amedeo Minghi, che, in coppia con Mietta, trascinerà gli italiani a canticchiare la bella melodia negli anni a seguire, e GOOD LOVE GONE BAD, del mostruoso Ray Charles, che prese il pezzo GLI AMORI, di Toto Cutugno e la trasformò in uno dei più grandi capolavori mai esibiti al Festival.
Ma, se il primo festival del nuovo decennio si era aperto all’insegna dell’amore, quello dei successivi anni novanta, invece, sarà ricordato come il decennio delle canzoni impegnate, in cui gli artisti scoprivano che non era obbligatorio parlare solo d’amore per piacere al pubblico.
Sono gli anni in cui Marco Masini si classifica terzo con la struggente PERCHÉ LO FAI, nel 1991, che parla di un amore al limite, funestato da problemi di droga; nella stessa edizione, Umberto Tozzi presenta GLI ALTRI SIAMO NOI, canzone con la quale dà un calcio al razzismo, con un pezzo moderno e arrangiato, come suo solito, in maniera eccellente.
D’altronde, Umberto Tozzi è un artista capace di scrivere pezzi come Notte Rosa quando tanti ancora facevano fatica a staccarsi dalle melodia anni sessanta; non a caso, è l’unico artista italiano a potersi vantare di essere stato invitato ad esibirsi al prestigioso Royal Albert Hall di Londra.
– I colleghi italiani che hanno suonato in quel tempio della musica, hanno dovuto affittarlo-.
Sempre nel 1991, Renato Zero interpreta nel suo stile inconfondibile il pezzo da Psicologia Sociale, SPALLE AL MURO, di Mariella Nava, che affronta la tematica dell’invecchiamento.
Del 1994, sono due i brani indimenticabili: IL MARE CALMO DELLA SERA, del talentuoso Andrea Bocelli, e SIGNOR TENENTE, del sorprendente Giorgio Faletti, il quale, dopo essersi esibito già altre volte sul palco dell’Ariston con la sua famosa verve comica, lascia in lacrime mezza Italia con un testo dal messaggio potente quanto drammaticamente attuale.
Di lì in avanti, il compianto Faletti, darà prova di essere anche un ottimo giallista e sceneggiatore, un artista a trecentosessanta gradi non completamente valutato per la sua reale statura e che ci ha lasciati troppo presto a causa di un male incurabile.
Il decennio che precede il nuovo millennio vede l’esplosione di nuovi grandi nomi, che rinnoveranno il panorama musicale italiano: da Laura Pausini, a Giorgia; da Nek a Carmen Consoli; da Marco Masini, a Irene Grandi; da Gigi D’Alessio, ad Andrea Bocelli; da Francesco Renga ad Alex Baroni, prematuramente scomparso in seguito a un incidente stradale, ma capace di rivoluzionare il modo di cantare in Italia, nonostante una carriera troppo breve.
Spariscono i soliti noti degli anni ottanta, che ritroviamo in qualche festival successivo, rispolverati dalla naftalina soltanto sporadicamente, mentre il pubblico applaude ai nuovi beniamini, che vendono album e riempiono le pagine del gossip.
Il nuovo millennio si apre con un pezzo d’autore straordinario, REPLAY, di Samuele Bersani, per poi lanciare Elisa, l’artista italiana in assoluto più internazionale di sempre, che regala al Festival 2001 LUCE, TRAMONTI A NORD EST, uno dei brani vincitori più belli della storia della manifestazione.
Tuttavia, il nuovo millennio sarà caratterizzato dal mutamento della discografia dovuto all’esplosione dei Talent Show, tritacarne che mandano numerosi presunti talenti allo sbaraglio a ingolfare il mercato, saturando anche il Festival con questi nuovi beniamini, non sempre all’altezza di quel prestigioso palco.
Ma sono anche gli anni del jazz a Sanremo, con la splendida TUTTO QUELLO CHE UN UOMO, di Sergio Cammariere, di TI REGALERÒ UNA ROSA, con la quale Simone Cristicchi trionferà nel 2007, e del ritorno dei gruppi al Festival: dai Subsonica, a Le Vibrazioni; dai Negramaro, ai Modà.
Impossibile, poi, non ricordare Sanremo 2007, con il brano dalla prepotente poetica portato al Festival da Fabrizio Moro, PENSA, con il quale si imporrà tra le nuove proposte e regalerà uno dei pezzi più veri, duri ed emozionanti di sempre.
Strano particolare, la canzone di Sanremo più famosa degli anni dieci del nuovo millennio sembra essere un brano escluso dalla gara pochi giorni prima dell’inizio di quell’edizione: nel 2005, infatti, Povia presenta al Festival QUANDO I BAMBINI FANNO OH, testo dalla struggente metafora, che però sarà eliminato poiché il cantautore aveva già accennato il brano davanti a un pubblico, in precedenza, violando il regolamento del tempo.
Tuttavia, oltre a essere il brano più famoso di Sanremo di quegli anni, sarà anche il pezzo che darà notorietà al suo autore.
Nel 2013, si impone al Festival Marco Mengoni, con L’ESSENZIALE, brano raffinato, interpretato da quello che è senza dubbio il più grande talento uscito dai Talent in Italia.
Nel 2015, ADESSO E QUI (NOSTALGICO PRESENTE), è il capolavoro con il quale Malika Ayane consolida la sua fama di artista raffinata, interpretando al meglio uno dei pezzi più eleganti delle ultime edizioni del Festival di Sanremo; nel 2010, era diventata famosa per la calorosa protesta messa in atto dagli orchestrali, sconcertati dalla notizia che il suo pezzo, RICOMINCIO DA QUI era stato estromesso dalle prime posizioni.
Altri brani famosi degli anni dieci sono: FATTI BELLA PER TE, di Paola Turci; LA NOTTE, raffinata canzone d’amore interpretata da Arisa; SONO SOLO PAROLE, brano straordinario, uscito dalla penna di Fabrizio Moro e interpretato dalla voce graffiante di Noemi, una delle poche belle realtà scoperte grazie ai Talent.
Ancora poche ore ed entreremo ufficialmente nell’era di Sanremo degli anni venti, augurandoci che si possano affermare nuovi talenti e che possano trovare spazio soprattutto grandi penne e brani che resteranno nella storia.
C’è tanto da dire e l’arte ha un disperato bisogno di interpreti attenti a raccontare le dinamiche del nostro tempo.
LE CANZONI CHE HANNO LASCIATO IL SEGNO NELLA STORIA DEL FESTIVAL DI SANREMO