Il Festival di Baudo era davvero più bello?

Due visioni e aspettative dal Festival diverse. I tempi cambiano ma polemiche e azzardi sono uguali

Carlo Conti –

In 4 Festival di fila, record imbattuto di continuità sul palco dell’Ariston che lo stesso Carlo Conti ha più volte elegantemente ammesso con deferenza di voler rispettare, Pippo Baudo dal 1992 al 1996 ha cambiato la storia della musica italiana: con lui sono nati artisti come Andrea Bocelli, Nek, Irene Grandi, Giorgia, Laura Pausini, Gianluca Grignani, Gerardina Trovato, che hanno assicurato (e molti di loro assicurano ancora) lauti fatturati all’industria discografica.
Dei 3 Festival di Conti, invece, difficile ricordarsi un fenomeno che resterà nel tempo, capace di vendite altrettanto memorabili. Certo, sono cambiati i tempi, ma la qualità e il talento artistico si sono abbassati tragicamente. E questo non è certo imputabile al buon Carlo Conti.
Ma Pippo Baudo è un musicista, ottimo pianista, ha fiuto per le canzoni, tant’è che molti dei successi della musica italiana degli ultimi 40 anni sono transitati dai Suoi Sanremo.
Conti viene invece dalla radio, come Baudo è un ottimo conduttore televisivo, ma non dotato dello stesso intuito nel discernere le potenzialità dei brani che potrebbero rivelarsi un successo discografico intramontabile.
Il direttore artistico di un festival musicale dev’essere dunque un musicista (come nel caso di Pippo Baudo), così come il primario di un reparto ospedaliero dev’essere un medico: e credo che il paragone renda bene l’idea, pur con rispetto di tutti.
A tal proposito, veniamo al dunque. Il Festival di Sanremo fa sempre notizia, questo è fuor di dubbio. Ma, alla luce di ben 67 edizioni, è arrivato il momento di fare qualche doverosa riflessione. Ecco allora pronto un decalogo di spunti oggettivi su cui riflettere.
In ordine crescente, lasciando al finale le chicche migliori. In tre edizioni consecutive di Sanremo a firma Carlo Conti, ben 11 artisti – il 50% del cast attuale, dunque – appaiono più volte, e con ruoli diversi. Chi sono? Eccoli: Marco Masini (due volte in gara, e una come autore del brano La borsa di una donna di Noemi); Nesli (due volte in gara); Alessio Bernabei (tre volte in gara, di cui due da solista e una con i Dear Jack); Dear Jack (due volte in gara: una con Alessio Bernabei, e una con il nuovo vocalist Leitner Riflessi, proveniente da X Factor); Fabrizio Moro (due volte in gara: una come autore del brano Finalmente piove di Valerio Scanu, una come Big); Clementino (due volte in gara); Annalisa (due volte in gara); Lorenzo Fragola (due volte in gara); Albano (due volte al Festival: una come superospite, una come Big); Albano (una volta come super ospite, una in gara). Si salva solo Amara, una volta in gara e una come autrice del brano della Mannoia, in quanto è una giovane autrice e cantautrice  capace fuori dai meccanismi propri della discography-system.
Possibile che per Carlo Conti la musica italiana sia sempre tutta qui, e ruoti sempre attorno agli stessi nomi? Oltretutto, alcuni di questi non vendono un disco neanche a piangere, e spesso si tratta di ragazzotti e ragazzotte comuni, privi di vero talento.
Carlo Conti ha pubblicamente spesso lamentato a Sanremo 2017 la scarsità di rapper, pur avendone ben tre in gara: di cui uno, Raige, ignoto alle grandi platee televisive (non che l’altro, il partenopeo Clementino, lo sia di più, intendiamoci). Forse, il più famoso del trio sanremese è Nesly, già fratello di Fabri Fibra, il ‘padre’ dei rapper made in Italy.
Un chiarimento: il rap con la tradizione e la storia della musica italiana non ha nulla a che vedere. È un genere che non ci appartiene per nulla. E allora, perché non dare spazio a rotazione su ben tre Festival consecutivi anche al blues, al soul, al gospel, jazz e country? Purtroppo stili tutti assenti.
A Sanremo 2017 mancano i gruppi: possibile – anche solo sul versante propriamente statistico – che i New Trolls (più correttamente detti ‘Notte New Trolls’ per via di ragioni legali), i Dirotta su Cuba, i Tazenda, i Jalisse e molti altri gruppi che si sono presentati su un totale di ben 144 domande di ammissione pervenute alla Commissione del Festival avessero tutti brutte canzoni? Non lo credo per nulla. Evidentemente devono esserci ragioni che esulano dalla musica e che a noi poveretti del pubblico e della critica non è dato conoscere.
A Sanremo mancano le etichette indipendenti: circa il 50% degli artisti in gara sono legati alla Sony Music. Seguono, con quote ben inferiori, Universal Music e Warner Music. A Sanremo fra i Big assenti gli artisti della Sugar di Caterina Caselli: l’unica, vera major del disco made in Italy. È la prima volta che succede in vent’anni. Eppure di cantanti veri ne ha diversi in scuderia.
Ma c’è di più. Su 22 big in gara, ben sette provengono da talent show come X Factor, The Voice, Amici: il Big, per poter essere reputato tale, non è colui che ha successo in tv, bensì chi possiede un repertorio di successi discografici veri e duraturi negli anni. E questo non è certo il caso dei vari giovincelli, per lo più senz’arte né parte, che Conti da tre anni a oggi si ostina a portare al Festival.
A Sanremo manca la vera musica nazionalpopolare: quella che ha scritto pagine di evergreeen senza tempo e che domina piazze e teatri. Carlo Conti, evidentemente, ignora i vari Fausto Leali, Umberto Tozzi, Eugenio Finardi, Andrea Mingardi, Peppino di Capri, Mario Venuti, Luca Barbarossa, Aleandro Baldi tra i cantautori italiani.
Ma anche Gigi Finizio, Sal Da Vinci (la cui esclusione dal Festival ha scatenato le ire di Renato Zero, che ha collaborato suo nuovo album appena uscito) e Nino D’Angelo, per quanto concerne i cantautori propriamente partenopei.
O le grandi voci femminili come Antonella Ruggiero, Fiordaliso, Marina Rei, Spagna, Mariella Nava, Gerardina Trovato, Marcella Bella, Anna Oxa, Silvia Mezzanotte e Loredana Bertè, tanto per citarne alcune.
Chi sceglie, invece Conti? Di nuovo Bianca Atzei, che come una sorta di prezzemolo musicale impazza dappertutto pur non piacendo, e risultando persino invisa alle platee del web e della tv, stanche e stufe di tanta mediatica e ingiustificata imposizione.
Approfondiamo. E qui viene il bello: negli ultimi tre Festival di Conti, è facile rilevare alcune (chiamiamole così, per delicatezza) ‘coincidenze’, che esporrò quali dati di fatto oggettivi e da tutti autonomamente rilevabili, senza dare giudizi.
A Sanremo, con Conti, sono spesso presenti Big i cui concerti sono organizzati per lo più da un fortissimo player di mercato: Fepgroup (acronimo di Friends & Partners), nota agenzia milanese guidata da Ferdinando Salzano, la stessa che organizza il SuperTour Pieraccioni-Conti-Panariello.
E il media partner dei tour di questi artisti, indovinate un po’ chi è? Rtl 102.5 il cui presidente, Lorenzo Suraci, è anche titolare di un’etichetta indipendente di Bergamo, strapresente nei Sanremo ‘contiani’ che si chiama Baraonda Edizioni Musicali: etichetta per la quale incidono Bianca Atzei, The Kolors e Dear Jack (provenienti entrambi da Amici di Maria De Filippi).
Alla luce di quanto esposto, è possibile evincere come vi sia il forte rischio che il Festival possa diventare per alcuni cantanti ‘fortunati’ soltanto una tappa del piano marketing di quella che, di fatto, è un’evidente un intrigo di interessi più che una sana promozione della Musica Italiana.
Ecco spiegato, infine, perché qualcuno potrebbe oggettivamente pensare che i ‘Conti’ non tornano o tornano benissimo.

Maurizio Scandurra

giornalista e esperto di comunicazione musicale

7 febbraio 2017

La verità, vi prego, sul Festival di Sanremo

I nomi che sono sempre gli stessi. La scomparsa degli indipendenti. Il dominio della Sony. Maurizio Scandurra, «il Beppe Grillo della musica italiana», sottolinea le tante coincidenze emerse durante le edizioni condotte da Carlo Conti.

SANREMO: LA SCENOGRAFIA DEL FESTIVAL, UN FIORE CHE SBOCCIAA due giorni di distanza dall’annuncio dei big in gara a Sanremo 2017, abbiamo ricevuto una lettera aperta che si propone di sottolineare alcune coincidenze e ricorrenze degli ultimi festival. L’autore è Maurizio Scandurra, giornalista e curatore degli uffici stampa di diversi cantanti, tra cui alcuni degli esclusi da Sanremo 2017, come Gerardina Trovato. Inoltre, ha curato le biografie di Ivana Spagna Quasi una confessione! e del leader dei Dik Dik Pietruccio Montalbetti I ragazzi della via Stendhal.

Premetto che chi scrive è un addetto ai lavori: mi occupo da anni di critica musicale e di ufficio stampa per conto di personaggi famosi, specialmente cantanti affermati. Stimo tantissimo il giornalismo sano e saggiamente, fondatamente irriverente. Ho come solo desiderio quello di rendere edotto il pubblico dei lettori su alcuni meccanismi legati alla manifestazione canora più famosa d’Italia. A tal proposito, veniamo al dunque. Il Festival di Sanremo fa sempre notizia, questo è fuor di dubbio. Ma, alla luce di ben 67 edizioni, è arrivato il momento di fare qualche doverosa riflessione. Essendo apartitico e apolitico di natura, mi vedo costretto mio malgrado a fare il Beppe Grillo della musica italiana: ecco allora pronto un decalogo di spunti oggettivi su cui riflettere. Andrò in ordine crescente, lasciando al finale le chicche migliori.

I SOLITI NOTI
In tre edizioni consecutive di Sanremo a firma Carlo Conti, ben nove artisti appaiono più volte, e con ruoli diversi. Eccoli: Marco Masini (due volte in gara, e una come autore del brano La borsa di una donna di Noemi); Nesli (due volte in gara); Alessio Bernabei (tre volte in gara, di cui due da solista e una con i Dear Jack); Dear Jack (due volte in gara: una con Alessio Bernabei, e una con il nuovo vocalist Leitner Riflessi, proveniente da X Factor); Fabrizio Moro (due volte in gara: una come autore del brano Finalmente piove di Valerio Scanu, una come Big); Clementino (due volte in gara); Annalisa (due volte in gara); Lorenzo Fragola (due volte in gara); Albano (due volte al Festival: una come superospite, una come Big). Possibile che per Carlo Conti la musica italiana sia sempre tutta qui, e ruoti sempre attorno agli stessi nomi? Oltretutto, alcuni di questi non vendono un disco neanche a piangere, e spesso si tratta di ragazzotti e ragazzotte comuni, privi di vero talento.

CHE C’AZZECCANO I RAPPER
Carlo Conti ha pubblicamente lamentato a Sanremo 2017 la scarsità di rapper, pur avendone ben due in gara: di cui uno, Raige, ignoto alle grandi platee televisive (non che l’altro, Clementino, lo sia di più, intendiamoci). Un chiarimento: il rap con la tradizione e la storia della musica italiana non ha nulla a che vedere. È un genere che non ci appartiene per nulla. E allora, perché non dare spazio a rotazione su ben tre Festival consecutivi anche al blues, al soul, al gospel, jazz e country?

GRUPPI: CHI LI HA VISTI?
A Sanremo 2017 mancano i gruppi: possibile – anche solo sul versante propriamente statistico – che i New Trolls (più correttamente detti ‘Notte New Trolls’ per via di ragioni legali), i Dirotta su Cuba, i Jalisse e molti altri gruppi che si sono presentati su un totale di ben 144 domande di ammissione pervenute alla Commissione del Festival avessero tutti brutte canzoni? Non lo credo per nulla. Evidentemente devono esserci ragioni che esulano dalla musica e che a noi poveretti del pubblico e della critica non è dato conoscere.

INDIPENDENTI DESAPARECIDOS
A Sanremo mancano le etichette indipendenti: circa il 50% degli artisti in gara sono legati alla Sony Music. Seguono, con quote ben inferiori, Universal Music e Warner Music. Io, personalmente, se fossi in Alessandro Massara o Marco Alboni (rispettivamente i vertici delle ultime due succitate major) o Mario Limongelli, presidente di Pmi, l’associazione che rappresenta i più importanti produttori discografici indipendenti italiani, m’incazzerei sul serio…

CATERINA, INDÌGNATI!
A Sanremo fra i Big assenti gli artisti della Sugar di Caterina Caselli: l’unica, vera major del disco made in Italy. È la prima volta che succede in vent’anni. Eppure di cantanti veri ne ha diversi in scuderia. Ed è per questo che dovrebbe incazzarsi di brutto anche lei, la Caterina nazionale, esattamente come coloro che ho citato al punto precedente.

IL CASO STATUTO
La sera del 7 dicembre, poco dopo le 19.30, sul sito sanremonews.it ho pubblicato una lista plausibilissima di potenziali Big di Sanremo 2017: lista poi ripresa e spoilerata dagli Statuto, e a loro erroneamente attribuita da tutta la stampa italiana, che non ne ha verificato la reale provenienza. L’avevo scritta io, appunto: lo svelo qui per la prima volta. In quell’elenco ho azzeccato ben 19 nomi su 22, divulgandoli a soli cinque giorni dalla proclamazione ufficiale dei Campioni in gara. Vorrà pur dire qualcosa? È dovere di ogni buon giornalista tenere segrete le proprie fonti.

RIDATECI I BIG, QUELLI VERI
Su 22 big in gara, ben sette provengono da talent show come X Factor, The Voice, Amici: il Big, per poter essere reputato tale, non è colui che ha successo in tv, bensì chi possiede un repertorio di successi discografici veri e duraturi negli anni. E questo non è certo il caso dei vari giovincelli, per lo più senz’arte né parte, che Conti da tre anni a oggi si ostina a portare al Festival.
A Sanremo manca la vera musica nazionalpopolare: quella che ha scritto pagine di evergreeen senza tempo e che domina piazze e teatri. Carlo Conti, evidentemente, ignora i vari Umberto Tozzi, Eugenio Finardi, Andrea Mingardi, Peppino di Capri, Mario Venuti, Luca Barbarossa, Aleandro Baldi tra i cantautori italiani. Ma anche Gigi Finizio e Nino D’Angelo, per quanto concerne i cantautori propriamente partenopei. O le grandi voci femminili come Antonella Ruggiero, Fiordaliso, Spagna, Mariella Nava, Gerardina Trovato, Marcella Bella, Anna Oxa, Silvia Mezzanotte e Loredana Bertè, tanto per citarne alcune.

CONTI NON È BAUDO
Conti non è l’erede di Baudo, almeno per quel che riguarda Sanremo. Pippo ha scoperto giovani di talento che si chiamano Giorgia, Laura Pausini, Nek, Andrea Bocelli, Gianluca Grignani, Irene Grandi: questi sono oggi veri Big e sulle cui vendite si sono basati per decenni (ma anche tuttora) i fatturati (e i posti di lavoro) dell’industria musicale. A oggi, invece, non ci ricordiamo di un giovane che abbia lasciato il segno tra quelli che hanno calcato il palco dei Sanremo di Conti: al contrario di quanto accadeva con Pippo, quando i fuoriclasse agli esordi invece abbondavano. Ma Baudo è anche un musicista, suona perfettamente il piano. Carlo Conti, invece no. Il Direttore Artistico di un festival musicale è giusto che sia un musicista, così come il primario di un ospedale dev’essere necessariamente un medico. Chiaro?

TUTTO SI TIENE
E qui viene il bello: negli ultimi tre Festival di Conti, è facile rilevare alcune (chiamiamole così, per delicatezza) ‘coincidenze’, che esporrò quali dati di fatto oggettivi e da tutti autonomamente rilevabili, senza dare giudizi. A Sanremo, con Conti, sono spesso presenti Big i cui concerti sono organizzati per lo più da un fortissimo player di mercato: Fepgroup (acronimo di Friends & Partners), nota agenzia milanese guidata da Ferdinando Salzano, la stessa che organizza il SuperTour Pieraccioni-Conti-Panariello. E il media partner dei tour di questi artisti, indovinate un po’ chi è? Rtl 102.5 il cui presidente, Lorenzo Suraci, è anche titolare di un’etichetta indipendente di Bergamo, strapresente nei Sanremo ‘contiani’ (mi si passi il neologismo, legato alla Rai ‘renziana’, tanto per stare in tema, di chiara matrice toscanocentrica e fiorentinocentrica), che si chiama Baraonda Edizioni Musicali: etichetta per la quale incidono Bianca Atzei (artista che Conti infila ovunque nei suoi show, da Tale e Quale a Sanremo), The Kolors e Dear Jack (provenienti entrambi da Amici di Maria De Filippi). Alla luce di quanto esposto, è possibile evincere come vi sia il forte rischio che il Festival possa diventare per alcuni cantanti ‘fortunati’ soltanto una tappa del piano marketing di quella che, di fatto, è un’evidente (almeno in superficie, per un buon osservatore) associazione di imprese. Nel caso di specie, mi si conceda la battuta con tanto di gioco di parole, Conti avrebbe fatto bene i conti. Fine della riflessione.

Maurizio Scandurra

 

by http://letteradonna.it/279906/sanremo-2017-cantanti-lettera-maurizio-scandurra/

Con il cuore 2012 – Intervista Umberto Tozzi

clicca qui sotto per vedere l’intervista:

sanfrancescopatronoditalia.it

I cinquant’anni di Pieraccioni

Si può dare di più.
Video registrato durante il 50° compleanno di Leonardo Pieraccioni a FIrenze. In una atmosfera divertente e divertita viene improvvisata ” Si può dare di più ” dove Leonardo Pieraccioni interpreta ( fantasticamente ) umberto tozzi , Marco Masini fa la parte di Enrico Ruggeri e Giorgio Panariello la parte di Gianni Morandi….. presenta…come al solito Mr Carlo Conti.

Sanremo 2015, Antonio Conte: «Il segreto del successo? Mia moglie e mia figlia» Il ct della Nazionale ospite della quarta serata del Festival. «Contale a Conti», lo invita il conduttore. E lui, allora, le conta

 3 giorni fa | di Lavinia Farnese

Sanremo 2015, Antonio Conte: «Il segreto del successo? Mia moglie e mia figlia»
conte

A Vanity Fair prima di partire aveva detto che lui è uno che «non molla mai». E al Festival di Sanremo non si smentisce, scegliendo come «canzone del cuore» Si può dare di più di Gianni Morandi, Umberto Tozzi ed Enrico Ruggeri. «Quando si raggiunge la vetta di può ancora salire. Possiamo sempre migliorarci e regalare qualcosa di inaspettato e spero possa accadere questo per la mia Nazionale, che non lascerò».

Ma è alla moglie seduta nelle prime file della platea dell’Ariston, Elisabetta Muscarello, che dedica Se stiamo insieme di Riccardo Cocciante, secondo pezzo della sua playlist. E dice: «Io nel mio lavoro ci metto voglia e entusiasmo e cerco di non trascurare la moglie e la bimba, Vittoria. Mi sopportano ma è anche questo il segreto del mio successo».

by vanityfair.it

Sanremo: aspettando una canzone che non arriva e una memoria che non ritorna…

by artslife.comFestival-di-Sanremo-2015-Carlo-Conti[1]

Non ho mai capito perché guardiamo Sanremo. Ci restiamo attaccati persino quando appare il diversamente comico Alessandro Siani, l’imitatore fasullo di Massimo Troisi, «la quintessenza della banalità», come l’ha definito sul Fatto il più gentile dei suoi critici, Andrea Scanzi, una sorta di guitto triste adattissimo solo per i duetti con Elisabetta Canalis, che non staresti ad ascoltare neanche senza un cacchio da fare al bar. Non abbiamo cambiato canale neppure allora. Abbiamo aspettato una canzone che non arrivava, una battuta che non esisteva, una memoria che non ritornava. Siamo rimasti tutti lì. Ed è strano come nella sua finzione orrorifica Sanremo appartenga interamente alla nostra identità e non solo al nostro immaginario. Lo dicono i numeri. Nella prima serata lo share medio ha raggiunto il 49,34 per cento di televisioni accese su Raiuno, cioé praticamente una su due, 11 milioni e 767mila spettatori, con un’età media pure bassa per il pubblico di pensionati che è solito frequentare la rete Ammiraglia, 53 anni appena. Leggera flessione nella seconda serata, 41,67 di share e 10 milioni e 91mila spettatori, ma addirittura 8 punti e due milioni in più dell’anno scorso. Il segreto del successo? Non esiste. Basta rivedere le immagini di Al Bano e Romina, icone stanche di un’Italia dimenticata, gonfi e invecchiati, così patetici nell’inseguire la loro canzone della felicità mentre evitano, fra curve improvvise e smorfie malcelate, di incrociare gli sguardi. Non sono più marito e moglie, ma lo spettacolo può andare oltre la famiglia. Non conta quello che cantano, perché tutto è già dimenticato nel momento in cui si spegne la musica. Restano il volto rotondo di Al Bano, ispessito e immalinconito dal doppio mento, e il sorriso quasi sforzato di Romina. La verità è che è inutile cercare il segreto del successo. L’edizione del festival più vista della storia di Sanremo è quella del 1987, con picchi di ascolto davvero bulgari, del 68,71 per cento, tipo a Livorno quando andavano a votare comunista (il motivo per cui Allegri stava antipatico a Berlusconi: se è livornese, vuol dire che è di estrema sinistra). Quell’anno vinsero Gianni Morandi, Umberto Tozzi ed Enrico Ruggeri: cantavano «Si può dare di più». La seconda più vista è quella del 1995, 66,42 di share. Il meno visto è del 2008, 36,56, Giò Di Tonno e Lola Ponce che trionfano, ma la terza messa peggio è proprio l’edizione dell’anno scorso, con la Litizzetto e Fabio Fazio, 39,26 per cento, che detiene pure il triste primato di annoverare la serata finale con il più basso indice di ascolto di sempre: 43,51. C’è un motivo per tutto questo? Hanno detto che quell’ultimo festival era troppo radical chic, fatto su misura per il pubblico intellettualoide e sinistrorso che sulla terza rete non abbandona mai «Che tempo che fa», una nicchia di pubblico non allargabile. Vero, falso? Forse sì, forse no. La verità è che questo festival è molto più brutto, non solo di quello, ma probabilmente anche di tutti quelli prima, con le sue canzoni senza appeal e i suoi comici (comici?) del livello di Siani. Piace di più perchè Sanremo appartiene alla nostra famiglia, è dentro di noi, e non deve rompere equilibri o creare problemi, risse, polemiche troppo accese. Il suo presentatore quest’anno è perfetto, un modello di aziendalista senza mai uno scandalo, mai una lite, una minaccia di trasferimento, un’intervista velenosa. Sanremo racconta l’Italia. E hanno rimesso a posto il narratore. Ma se è vero che il festival di Sanremo racconta l’Italia, come ripetono tutti gli osservatori e gli storici della canzonetta, c’è ancora qualcos’altro che non riusciamo a capire. Dal punto di vista musicale, la manifestazione sembra tornata indietro ai primi anni Sessanta, cioé al periodo che precedeva l’avvento dei cantautori e della musica impegnata. Con una differenza essenziale, però, che alcuni di quei brani sono rimasti nella memoria collettiva, e persino nel nostro linguaggio, da «Non ho l’età» a «Una lacrima sul viso», fino a «Nessuno mi può giudicare». Quelli di adesso, faremo in fretta a dimenticarli. Dal punto di vista, come dire?, sociopolitico, invece, il festival confezionato dal normalizzatore di professione Carlo Conti sembra rimandarci agli scenografici anni Ottanta della Milano da bere, quando bisognava lasciar lavorare in pace il manovratore e pensare soltanto alla ricerca del tuo benessere. Erano anche i tempi di Berlusconi e della sua nuova televisione commerciale, nei giorni in cui l’Italia cominciava a riempire anche le camere da letto e le cucine di quegli schermi bombati nelle scatole nere che fino a poco prima se ne stavano quasi come iconoclastici trofei soltanto sui loro piedistalli in salotto. Ebbene, la verità è che non ci sono decenni più distanti dal nostro di questi due. Siamo nel mezzo della più grande crisi del dopoguerra, figli e fidanzati spaventati della decrescita, con una paura fottuta del nostro futuro, più poveri e più meschini, ahinoi, immagini spente e dolenti di tutto quello che eravamo riusciti a vedere prima di finire dentro a questo girone. E allora? Non so se sono luoghi comuni. Però stasera lo vedrò di nuovo, e non riesco a spiegare perché. Starò lì, sulla poltrona, aspettando una canzone che non arriva, una battuta che non esiste, e una memoria che non ritorna… –

L’anno che verrà – Rai 1 andato in onda a Capodanno 2013-2014

Appuntamento in Prime Time giunto ormai alla 11ma edizione è la tradizionale festa di Rai1 dedicata al Capodanno, realizzata anche quest’anno in collaborazione con la Regione Valle d’Aosta e la Chambre Valdôtaine des Entreprises et des Activités Libérales.

per rivedere la puntata clicca qui…

L’anno che verrà a 6,7 milioni (37,69%) e 4,3 (44,88%), Capodanno in musica solo a 1,8 (10,14%)

Mercoledì 1 Gennaio 2014, 10:10 in Auditel, Informazione, Personaggi, Varietà e Talk Show
di Fabio Traversa

Ascolti tv di martedì 31 dicembre, ultimo giorno del 2013: stravince la diretta di Rai1 che batte quella di Canale 5, ecco quanto ha ottenuto il discorso del presidente della Repubblica.

carlo conti-l'anno che verrà-r

ASCOLTI TV Courmayeur contro Rimini: chi ha vinto la sfida-Auditel del Capodanno 2014 in tv tra Rai1 e Canale 5? E come sono andate le altre reti? Quanto è stato seguito il discorso di fine anno del presidente della Repubblica?

Su Rai1 6.773.000 spettatori (37,69% di share) per la prima parte e 4.383.000 (44,88%) per la seconda (dall’1 di notte) de L’anno che verrà (voto: 7) con Carlo Conti (7). A mezzanotte erano sintonizzati 11.416.000 (61,8%). Esibizioni di Martina Stoessel alias Violetta, Gloria Gaynor, Tony Hadley degli Spandau Ballet, Kid Creole and the Cocconuts, Umberto Tozzi, Alex Britti, Marco Masini e tanti altri ancora tra i quali quattro ex concorrenti di Amici: Antonino Spadaccino, Ottavio de Stefano, Greta Manuzi e Verdiana Zangaro. Direttamente da Tale e quale show Attilio Fontana, Silvia Salemi e Clizia Fornasier. Spazio allo spettacolo e alla comicità grazie agli interventi di Claudio Lippi, Gabriele Cirilli, Emanuela Aureli e David Pratelli.

… leggi l’intero articolo su realityshow.blogsfere.it…

Umberto Tozzi sarà ospite a “L’anno che verra’” in diretta su Rai 1 il 31 Dicembre alle ore 21h da Courmayeur

Carissimi amici, Umberto Tozzi sarà ospite a “L’anno che verra’” in diretta su Rai 1 il 31 Dicembre alle ore 21h da Courmayeur e vi accompagnerà con le sue canzoni verso uno strepitoso 2014!! Auguri a tutti!!!
da Umberto Tozzi Official su Fb

Courmayeur, 28 dic. – (Adnkronos) – “Per il terzo anno consecutivo andrà in onda dal Forum Sport Center di Courmayer, la dodicesima edizione di ‘L’anno che verrà’, programma della prima serata di RaiUno, trasmessa anche in Hd sul Canale 501. Realizzato in collaborazione con la Regione Valle d’Aosta e la Chambre Valdôtaine des Entreprises et des Activités Libérales, il programma sarà presentato da Carlo Conti con la regia Maurizio Pagnussat. Musica, grandi ospiti, emozioni, sorprese e divertimento saranno gli ingredienti dello show che, per più di quattro ore, dalle ore 21 circa – subito dopo il messaggio di fine anno del Presidente della Repubblica e fino all’una di notte inoltrata – accompagnerà il pubblico verso l’arrivo del nuovo anno”. Ne dà notizia una nota dell’assessorato del turismo, sport, commercio e trasporti della Regione Autonoma Valle d’Aosta.

“Fil rouge della serata sarà naturalmente la musica, con la presenza sul palco di famosi artisti italiani e internazionali e con l’eccezionale partecipazione di Violetta, la piccola grande star della Disney, che si esibirà per la prima volta in Italia in esclusiva in Tv, accompagnata da tutto il cast dello spettacolo con il quale è in tournee mondiale. – spiega nel dettaglio la nota – Oltre all’esclusiva presenza di Violetta, nel corso della lunga festa si esibiranno altri straordinari artisti tra i quali Gloria Gaynor, Tony Hadley degli Spandau Ballet, Kid Creole and the Coconuts, Umberto Tozzi, Alex Britti, Marco Masini e altri ancora, tra i quali le quattro giovani promesse della musica italiana Antonino, Ottavio, Greta e Verdiana”.

…leggi l’articolo su liberoquotidiano.it

Umberto Tozzi a “L’anno che verrà” su Rai uno a Capodanno

l'anno che verrà

Il 31 prima data a Brescia per un viaggio che durerà fino a maggio
Dopo cinque anni dal suo ultimo tour italiano (2009), dal 31 gennaio Tozzi sarà nei teatri più importanti d’Italia, location ideali per la sua musica melodica e raffinata.

Prima i suoi fan potranno seguirlo in diretta il 31 dicembre ospite nella trasmissione di Rai Uno “L’anno che verrà”.

In “Yesterday, Today”, il tour teatrale prodotto a due anni dall’uscita mondiale dell’omonimo album (10 brani inediti con testi e musiche di Umberto Tozzi e un secondo cd con i 17 singoli più importanti della sua carriera completamente rivisitati e riarrangiati), il cantante presenterà i suoi più grandi successi con la fidata band in un magnifico concerto che spazierà dai primi anni 70 (con tutti i grandi successi da “Gloria”, “Notte Rosa”, “Si può dare di più”, “Ti Amo”, “Gli altri siamo noi”, “Immensamente”) fino ai giorni nostri.

Dopo un’anteprima con la Grande Orchestra Sinfonica Saverio Mercadante il 19 gennaio ad Altamura, il tour partirà da Brescia il 31 gennaio.

Con 70 milioni di dischi venduti, Umberto Tozzi è uno dei più famosi cantautori italiani nel mondo, non ultimo riconoscimento della sua fama internazionale: la scelta di Martin Scorsese di inserire “Gloria” nella musica del suo film “The wolf of Wall Street” con Leonardo Di Caprio in uscita a gennaio in Italia.

Di seguito le date confermate: venerdì 31 gennaio Brescia (Palabanco), sabato 1 febbraio Bergamo (Teatro Creberg), sabato 8 febbraio Torino (Teatro Colosseo), lunedì 7 aprile Roma (Teatro Il Sistina), venerdì 11 aprile Milano (Teatro della Luna), giovedì 17 aprile Varese (Teatro Mario Apollonio), mercoledì 30 aprile Sanremo (Teatro Ariston), sabato 3 maggio Montecatini Terme (Teatro Verdi), venerdì 9 maggio Bologna (Teatro Duse).

da nostalgia.it