Le 7 Mars Umberto Tozzi – Grimaldi Forum

🎺 Le 7 mars : Concert de gala – Orchestre des carabiniers du Prince & Friends

AVEC LA PARTICIPATION EXCEPTIONNELLE DE

UMBERTO TOZZI

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Per Ernesto Assante “Vento nel vento” era il capolavoro dimenticato di Battisti

ERNESTO ASSANTE

27 febbraio 2024 • 15:57

Si trova in un disco che si ricorda per Io vorrei…non vorrei… ma se vuoiIl mio canto libero La luce dell’Est. Anche se non viene trasmessa in radio è il capolavoro di Battisti, che parla d’amore in modo unico e vero: così la ricordava il giornalista di Repubblica, appena scomparso

Ernesto Assante era un mio amico. È morto lunedì 26 febbraio a Roma dopo un ictus, era una autorità del giornalismo musicale italiano: nato a Napoli aveva compiuto 66 anni due settimane fa. Lavorava da 45 anni al quotidiano Repubblicadove aveva scritto non solo di musica, ma promuoveva le innovazioni digitali del giornale negli anni Novanta inventando assieme all’amico e collega Gino Castaldo Webnotte dove scatenava il suo talento nell’intrattenere, fare domande ed entrare in sintonia con musicisti e artisti.

Con lui ho lavorato come editore e Ernesto ha pubblicato con me i suoi ultimi libri che gli avevo chiesto di scrivere sui due artisti fondamentali della nostra cultura popolare: Lucio Dalla con Gino Castaldo, Mondadori, 2022 e Lucio Battisti, da solo, Mondadori, 2023, da cui traggo un estratto.
Beppe Cottafavi



Il 1972 vede dunque l’uscita di due album. Il primo è Umanamente uomo: il sogno, ad aprile; il secondo è Il mio canto libero, considerato da molti il ​​suo massimo capolavoro, un novembre.

È evidente che, al di là della qualità dei brani, siamo di fronte a un autore dalla fecondità prodigiosa, perché fino a quel momento aveva composto e prodotto, oltre alle sue canzoni, tantissimi pezzi per altri gruppi e cantanti, in totale stato di grazia. Prima di “smettere”, Battisti offre una delle canzoni chiave del suo nuovo album, ovvero quella che gli dà il titolo, a Mina, che però declina l’invito.

IL PUNTO D’EQUILIBRIO

Il bello è che tra un disco e l’altro c’è una notevole differenza. In pochi mesi, non solo Battisti sembra aver cambiato prospettiva, ma è evidente che ha anche trovato un clamoroso punto di equilibrio fra le tre correnti musicali che lo attraversano – il rock, il soul e il pop –, lo si sente dalle prime note della Luce dell’Est.

L’arpeggio di chitarra progressive si stempera in una ballata pop, che da una parte ha un retaggio folk, dall’altra, nell’inciso, si apre a un pop raffinato di stampo internazionale, prima di arrivare a un ritornello, indimenticabile, nel quale la melodia “italiana” la fa da padrona.

È un crescendo, in cui Battisti canta anche in maniera diversa, più “educata”, più lieve. Il testo è un classico alla Mogol: come accade in molte altre canzoni, ha due tempi distinti, una parte è al presente e un’altra è legata a memorie del passato. Ci sono un amore sfuggito e lontano e un amore attuale, importante, al quale va la mente; mente in cui i pensieri fuggono per lasciare il posto al volto dell’amata.

Le transizioni dalle memorie all’attualità, segnata nel testo da un ramo calpestato e poi da un colpo di fucile, passaggi evidenziati da una sospensione musicale altrettanto intensa, rendono tutto cinematografico, ancora una volta vissuto, come spesso nei testi di Mogol, “in diretta”.

Grande emozione, introduzione perfetta a un disco che questa volta non ha un “concept”, un discorso da seguire attorno a un tema. Ma l’album è allo stesso tempo “unitario”: sembra mosso da un unico sentimento che in qualche modo lega una canzone all’altra.

Il legame, lo capiamo, è forse difficile da comprendere a un primo sguardo, perché dopo La luce dell’Est arriva Luci-ah, che sembra portare l’ascoltatore a un clima completamente diverso.

Il testo è ironico, il tema è ancora la libertà di una donna che decide quello che vuole essere e chi vuole amare, probabilmente in un piccolo paese, dove viene vista come una minaccia peccaminosa e forse addirittura infernale, e che ovviamente gode della simpatia di chi canta.

Tuttavia è la musica che conta, e il taglio del brano è “british”: in linea con quello che sta avvenendo nel pop inglese, ha un sound contemporaneo e leggero, ma anche qualche complicazione ritmica. Per registrarla provano ben tre batteristi diversi, senza riuscire a fare la cosa giusta, e alla fine “vince” Gianni Dall’Aglio.

Dal sentimento all’ironia, per tornare all’amore e all’interiorità con la sua interpretazione del brano precedentemente affidato a Bruno Lauzi, L’aquila, che diventa misterioso, notturno, contemporaneo nella sua scarna essenzialità.

UNA DELLE PIÙ BELLE

Già così potremmo dire che si tratta di un album intenso e grandioso. La prima canzone è cinematografica e romantica, la seconda diverte e ha una funzione preparatoria prima all’intensità oscura dell’Aquila e poi a un micidiale colpo d’ala, un pezzo che è uno dei più grandi capolavori della canzone italiana: Vento nel vento, brano che spesso, troppo spesso, viene dimenticato, o quantomeno non inserito nella top ten dei migliori o più importanti brani di Battisti.

Il disco, infatti, viene ricordato per La luce dell’Est, Il mio canto libero e Io vorrei… non vorrei… ma se vuoi, che oscurano il resto dell’album.

Ma, lasciatemelo dire, nonostante le radio non la trasmettano, nonostante non venga suonata davanti ai falò (anche perché oggettivamente impossibile, tra l’altro, dato che oggi non si suona più sulle spiagge davanti ai fuochi, che non si possono accendere…), Vento nel vento è una delle più belle canzoni italiane mai scritte.

È una struggente ballata che parla d’amore. Descrive un amore che salva un uomo, che annulla la solitudine, che fa scomparire le paure, le sofferenze, e spinge verso la rinascita.

Ma se già il testo di Mogol è perfetto, sono la musica e l’interpretazione di Battisti a rendere la canzone coinvolgente, emozionante in ogni sua parte. È un crescendo costruito con toni maggiori e sorprendenti aperture in tono minore; prima c’è solo il pianoforte, poi un organo, dopo l’orchestra arrangiata da Gian Piero Reverberi, e quindi ancora la voce di Battisti, che conclude il brano.

Difficile non essere emozionati all’ascolto, difficilissimo non cogliere l’incredibile equilibrio musicale tra passato e presente, la modernità di Battisti portata in una dimensione melodica apparentemente tradizionale, esaltata dalla parte orchestrale. Lo ripetiamo: è un capolavoro, una canzone bellissima, fuori dal tempo, dalle mode, emozionante in modo completo. Vale la pena ascoltarla almeno una volta alla settimana, poiché riesce a farci capire meglio dov’è la musica oggi, cosa cerca e cosa vuole, cosa può essere la bellezza e quanto può aiutare la nostra vita, perché parla d’amore in una maniera potente e coinvolgente, vera e unica. 

IL DIVERTIMENTO 

Ancora due curiosità. L’assolo di archi lo potete trovare citato in un altro capolavoro, La leva calcistica della classe ’68 di Francesco De Gregori; mentre alla chitarra, vuole la leggenda, non ascolterete un giovanissimo Umberto Tozzi, all’epoca turnista alla Numero Uno, che arrivò a suonarla nei provini ma fu scartato e non partecipò alla registrazione finale.

Chissà se la carriera di Tozzi sarebbe stata la stessa se avesse suonato la chitarra in Vento nel vento

Ma non è finita: c’è un nuovo momento di divertimento, Confusione, pezzo rock ritmato e chitarristico, che non a caso vede la presenza dell’elettrico Radius. È ancora una canzone sulla “confusione” sentimentale di Mogol, ma chiarissima dal punto di vista musicale perché è una perfetta indicazione di come la canzone italiana possa dialogare tranquillamente con il rock.

E il divertimento serve ad arrivare a un altro capolavoro, Io vorrei… non vorrei… ma se vuoi. Impossibile immaginare questa canzone realizzata in un altro modo.

(…)


Il testo è un estratto da Lucio Battisti, Mondadori, 2023

leggi l’intero articolo cliccando qui sotto:

https://www.editorialedomani.it/idee/cultura/ernesto-assante-vento-nel-vento-lucio-battisti-f5zv8pl7

“GLORIA” con Sabrina Ferilli, questa sera ultima puntata

Save the date!

🎫 https://www.koelnticket.de/en/event/umberto-tozzi-gloria-forever-tour-2024-kloster-wiblingen-18328482/

Gloria ad Oostende

STAY TUNED!

Michelle Impossible & Friends:

prossimamente su Canale 5

Playlist da Viaggio: tre canzoni di Umberto Tozzi da ascoltare in treno

ALDO MASSIMI

In apertura la copertina di Playlist da Viaggio

Manca meno di un mese alla fine dell’inverno e già qualcuno inizia a pensare di programmare un bel week end o un viaggio per dare il benvenuto alla stagione che apre le porte al sole, alla libertà e alla spensieratezza. Come abbiamo scritto e raccontato nelle puntate precedenti l’inverno non è certo il periodo dell’anno più consono all’allegria, ma siamo sempre dell’idea che prendere un treno e ascoltare dell’ottima musica sia un’occasione per trovare un momento piacevole di relax e gioia.

ASCOLTA IL PODCAST DI PLAULIST DA VIAGGIO A CURA DI FSNEWS RADIO

Ad esempio per tutti coloro che hanno il desiderio di visitare la capitale per un week end o una gita fuori porta, fino al 17 marzo i clienti di Trenitalia, società capofila del Polo Passeggeri del Gruppo FS, avranno agevolazioni sull’acquisto del biglietto per la mostra Andy Warhol – Universo Warhol, in esposizione al Museo storico della fanteria di Roma. Una retrospettiva che ripercorre i momenti salienti della vita del celebre artista con 170 opere organizzate in aree tematiche, che coprono quasi 40 anni di carriera.

Un’idea di viaggio che può essere abbinata ad esempio ad un colosso della musica italiana che per anni ci ha regalato grandi successi che sono ormai ancorati ai nostri cuori. Umberto Tozzi è uno di quei cantautori la cui musica si sposa benissimo con il viaggio in treno per le tematiche trattate e per le melodie sempre romantiche e frizzanti. Per questo abbiamo scelto tre brani dell’autore di Ti amo per rendere il percorso ancora più magico e confortevole.

Umberto Tozzi

Umberto Tozzi al Festival di Sanremo 2024 © Marco Alpozzi/LaPresse

Apriamo la nostra playlist con Tu, un brano del 1978 tratto dall’omonimo album. Una canzone che con il suo famoso giro armonico ha conquistato i cuori di eterni innamorati grazie anche ad una melodia che, soprattutto per l’epoca, era fortemente adatta a momenti romantici.

Umberto Tozzi – Tu

A seguire una canzone del 1979 che ancora oggi risuona nella nostra mente e che ha fatto, e fa tuttora, il giro del mondo nel vero senso della parola. Parliamo di Gloria, una hit che sin dalla pubblicazione ha riscosso un enorme successo tanto da essere registrata in più lingue.

Umberto Tozzi – Gloria

A concludere il nostro viaggio musicale la famigerata Stella stai, uno dei brani più amati del cantautore torinese uscito nel 1980 e amato anche dalle nuove generazioni. Ripreso dalla grande Mina per una nota campagna pubblicitaria, il brano è un mix tra pop e rock con il risultato di una hit ballabile e frizzante.

Umberto Tozzi – Stella stai

Podcast

https://www.fsnews.it/it/viaggiare/mete/2024/2/23/playlist-viaggio-umberto-tozzi-gloria-tu-canzoni-successi-treno.html

“Perché Sanremo è Sanremo?”, un documentario racconta il Festival

Settantaquattro anni di storia del nostro Paese tra canzoni, gaffe e polemiche. Spazio anche al Piemonte con il dramma di Tenco, il trionfo di Tozzi e il Signor Tenente di Faletti. In onda mercoledì 21 febbraio in prima serata su Rai1

 10:08

di Gabriele Russo, montaggio Paola Galassi

“Quelle canzoni che abbiamo raccontato sono state specchio dei tempi. Una per tutte è Signor Tenente di Faletti. Erano i primi Anni ’90, c’erano state le stragi, c’erano state le stragi di Capaci e Via D’Amelio. E lui racconta la realtà con grande impatto”.

“Perché Sanremo è Sanremo”? Lo storico claim si fa domanda. E diventa il titolo di un documentario di Giovanni Filippetto e Michele Truglio (coproduzione Rai Documentari e Eliseo Entertainment). Sedici canzoni per raccontare 74 anni di musica, fiori, gaffe e polemiche. 74 anni della nostra Storia. 

All’interno anche tanto Piemonte. Il clamoroso successo dell’astigiano Faletti nel 1994 con Signor Tenente. E ancora la drammatica edizione del 1967, con la morte dell’alessandrino Luigi Tenco ricordata dal giornalista di Alba (Cn) Aldo Cazzullo e dalla cantante Iva Zanicchi

Vent’anni dopo, nel 1987, il trionfo del torinese Umberto Tozzi

“Si può dare di più è una canzone-inno, una canzone che ha segnato quegli anni – racconta ancora Filippetto -. Si veniva dal Live Aid, dal ‘riuniamoci tutti e cantiamo per una causa’. E’ una canzone che in questo caso italiano viene fuori dalla nazionale cantanti, dove giocavano Tozzi Morandi e Ruggeri. E la scrive Tozzi, un torinese doc”.

Il documentario “Perché Sanremo è Sanremo?” andrà in onda in prima serata mercoledì 21 febbraio su Rai1.

https://www.rainews.it/tgr/piemonte/video/2024/02/perche-sanremo-e-sanremo-un-documentario-racconta-il-festival-6d4faaea-6fa8-4e77-826a-e6876c7088ee.html